L’allungamento della vita media in tutti i paesi industrializzati, accompagnato da un forte declino della natalità, sta portando ad un progressivo invecchiamento della popolazione. Conseguentemente a questo dato, nel corso dei prossimi decenni, l’Unione europea registrerà un aumento considerevole della percentuale di lavoratori anziani: le tendenze demografiche indicano infatti che la fascia d’età compresa tra 55 e 64 anni aumenterà di circa il 16,2% (9,9 milioni) tra il 2010 e il 2030:  il risultato sarà un invecchiamento della forza-lavoro europea mai visto prima d’ora, una vera e propria “bomba a orologeria” per l’organizzazione del mercato lavorativo.

Di fronte a questo processo irreversibile di invecchiamento della forza-lavoro, destinato a cambiare in modo permanente le caratteristiche della società, le imprese sono chiamate a progettare interventi per favorire l’invecchiamento attivo, da un lato, valorizzando le capacità e le competenze dei lavoratori maturi e offrendo loro una qualità migliore della vita lavorativa, dall’altro potenziando la capacità dell’azienda stessa di gestire al proprio interno il tema dell’età.

Negli ultimi anni le organizzazioni hanno considerato il tema dell’età prevalentemente in relazione alle fasce più giovani, concentrandosi sui potenziali e sui talenti da sviluppare. L’attenzione, però, si sta necessariamente spostando sempre più sui lavoratori ultracinquantenni, che già ora costituiscono una presenza non più marginale ma, al contrario, rilevante sul mercato del lavoro. L’invecchiamento della forza lavoro, in questo senso, impone l’adozione di politiche nuove e valorizzanti. Il primo passo dovrebbe essere l’acquisizione di consapevolezza rispetto al tema e rispetto ai pregiudizi, spesso negativi, che la categoria dei lavoratori over 50 è portata a subire. Le credenze e i preconcetti sui lavoratori più anziani possono in sostanza arrivare ad “oscurare” i contributi positivi che essi forniscono o possono fornire all’azienda.

La necessità diventa quindi quella di pianificare politiche d’intervento sull’invecchiamento attivo che dovrebbero portare, per esempio, alla riduzione della fatica, lavorando sulla flessibilità interna, superando le attuali rigidità a cominciare da un cambiamento dell’orario e delle mansioni di lavoro, per facilitare le figure più anziane; a lavorare sul clima interno, sulle relazioni e sulle motivazioni, affrontando percorsi di riorganizzazione nel rispetto delle condizioni e aspirazioni individuali, a pianificare il percorso di fuoriuscita, attraverso scelte flessibili e sicure per “ammorbidire” il passaggio verso la quiescenza.

Massimo Servadio – Esperto in Psicologia della Salute Organizzativa e Psicologia della Sicurezza Lavorativa